Quella che viene oramai definita un'epidemia di morbillo in Gran Bretagna è «preoccupante» e soprattutto «pericolosa per tutti coloro che non sono vaccinati», avverte Walter Ricciardi, direttore del Dipartimento di Sanità del Policlinico Gemelli di Roma.
«Il morbillo - spiega Ricciardi - non è
di solito letale ma si diffonde per le vie respiratorie. Basta quindi
la vicinanza ad una persona malata o appena guarita per ammalarsi. È
pericoloso perchè nel caso della Gran Bretagna colpisce soprattutto gli adolescenti
e i giovani adulti che non furono vaccinati quando avevano 15 mesi a
causa dell'errata convinzione che il vaccino provocasse l'autismo. E,
mentre di solito è 'benignò e non richiede quasi mai ospedalizzazione
nei soggetti giovanissimi, quando invece colpisce adolescenti e giovani
adulti l'ospedalizzazione può salire al 30-40% perchè
tende a cumularsi ad altre infezioni. In quel caso si hanno anche sepsi,
polmoniti e meningiti e ci possono essere casi mortali com'è successo
per un giovane inglese nei giorni scorsi».
Sono quindi i giovani a dover esercitare la maggiore
cautela, se non sono vaccinati, evitando contatti con persone malate e
luoghi affollati dove l'epidemia è stata segnalata. «Il consiglio
migliore è ovviamente quello di vaccinarsi - aggiunge -. L'ideale rimane la vaccinazione da bebè, a 15 mesi, ma si può fare in qualsiasi età». «L'attuale epidemia in Gran Bretagna - spiega Ricciardi
- è dovuta appunto al fatto che gli adolescenti e giovani adulti di
oggi non sono stati vaccinati quando avevano 15 mesi proprio per colpa
di Andrew Wakefield che aveva
sconsigliato la vaccinazione asserendo falsamente che provocava
l'autismo. Ha fatto un grosso danno e oggi se ne vedono le conseguenze».
Per quanto riguarda l'Italia, dove il vaccino per il morbillo
è solo fortemente raccomandato e non obbligatorio e di solito fa parte
della trivalente insieme con quelli contro rosolia e parotite, il
rischio c'è perchè «siamo ampiamente sotto la soglia di vaccinazione del
95% fissata per l'eradicazione della malattia nel programma rilanciato
di recente dal Ministero della Salute. In alcune regioni siamo anche di
poco sopra il 60%. La situazione ottimale è quella che c'è negli Usa dove in alcuni stati il livello di copertura è anche del 100%».
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